… perché non sanno quel che fanno … - di Francesco Briganti

23.01.2015 08:24

Una notte infame !. Un grido disperato d’aiuto che credo d’aver lanciato senza profferir parole mi ha svegliato alle due e non c’è stato più verso di addormentarmi. Una delle mia solite notti insonni, passata a scrivere, a leggere, a immaginarmi al sole seduto su di uno scoglio della mia Ohshit, quell’isola del Pacifico sulla quale, prima o poi, forse andrò a completare la mia corsa.

Buio pesto quando sono uscito; a piedi sino dalla Tiziana a prendere un cappuccino rovente ed un saccottino al cioccolato fragrante e caldo. Non esiste un’ora impossibile in quel bar sin dall’apertura è un andare continuo di persone che arrivano, stazionano per due chiacchiere, ripartono verso il lavoro, in cerca di un lavoro, tornanti da un lavoro.

Alcuni, in particolare, arrivano alla spicciolata ed in bici, incuranti della stagione, indifferenti alla pioggia o al tepore di una mattina primaverile o estiva; quando sudati, quando bluastri per il freddo, accostano la loro bicicletta, entrano e trovano quei minuti di amicizia in attesa del galoppare senza tregua del loro essere manovali in una impresa edile. Poi, escono e si radunano qualche centinaio di metri più in su, lungo la strada, per quindi dividersi in squadre e dirigersi, ciascuna, sul cantiere di destinazione.

Di questi giorni escono di notte e ritornano di notte; molti, consci del loro essere al nero, non commentano notizie e non biascicano quel intercalare toscano fatto di usuali, innocenti, blasfeme, imprecazioni, ma ringraziano il cielo per quel lavoro che ancora permette loro una ragione per continuare. Uno spicca in quel gruppo: alto, magro, ha il viso scavato e radi capelli in testa. Canuto, nei suoi occhi si legge quella vacuità nata dalla fatica e dalla rassegnazione o, forse, dai troppi “ bianchini ” che accompagnano una schiacciata al salame con la quale fa colazione ogni mattina. Solo chi ne ha viste troppe, subite di più ed ha la tentazione continua di una resa incondizionata, io credo, riesca, alle sei di mattina, ad ingoiare del vino che, per buono che sia, arriva nella stomaco come un ancora da tonnellate di peso di una nave alla fonda all’imbocco del porto quotidiano.

Hanno mani callose, braccia possenti e postura imponente oppure, sono piccoli e tozzi; sono giovani e vecchi o entrambe le cose allo stesso tempo; alcuni sorridono e scherzano, altri seriosi e taciturni sembrano impazienti di cominciare; qualcuno avrebbe preferito aver la fortuna o la costanza di uno studio giovanile, qualcun altro si dice contento a prescindere; sono italiani e stranieri; bianchi e neri, cristiani e mussulmani; uniti per le successive dodici ore, non sanno, non hanno interesse alcuno per nessuna di quelle ragioni che spaccano un parlamento che di “QUESTI SIGNORI “, GIACCHE’ TALI SONO, per dignità di esistenza, per diritto acquisito, per aureola di sopravvivenza, non conosce assolutamente nulla e dei quali, per di più, se ne fotte altamente.

Ho visto un Landini esasperato ieri sera contro battere con uno servo di partito, disorientato e più volte palesemente a chiedere a sé stesso come fosse successo che lui, ex esponente di sinistra, stava a combattere in armi, con un rappresentante della CGIL. Ho visto un servo di partito, attonito lui stesso per le corbellerie a cui era costretto a credere, arrampicarsi sugli specchi di una squallida improvvisazione onde giustificare il contrario di tutto quello che sino a poco tempo prima era stato il proprio credo; ho visto un asservito al nuovo fascismo economico portare la croce della esaltazione di una azione di governo mai attuata nemmeno dal peggior Berlusconi; ho visto un uomo ridursi, man mano che la trasmissione proseguiva, come valenza umana e scendere ogni gradino della inverecondia arrivando a strisciare bavosamente come l’ultimo nano di quelle feste eleganti e lapalissianamente laide ed oscene del suo nuovo padrone per interposta persona. Ho visto la differenza tra chi fa perché crede e chi esegue solo perché pagato!.

Lor signori onorevoli a disquisire mentre le persone vere ogni mattino vivono una vita di sacrifici e di stenti; di lavoro, quale che sia e pur che sia; di fatica e frustrazioni; sempre più e sempre di più con una spada di Damocle a minacciarne una esistenza a volte sopportata, solo, guardando il fondo di un bicchiere di vino.

Lor signori onorevoli a disquisire ignoranti il gusto amaro di un colpo di una tosse non curata, del sospiro improvviso per un mal di schiena trascurato perché conseguente ad una attesa impossibile, ad un ticket troppo alto, ad una assenza lavorativa non pagata, ad una rassegnazione di uno stato d’essere che non riesce ad essere ALTRIMENTI.

Lor signori onorevoli a disquisire di cure fantasiose, di impellenze affatto urgenti, di massimi sistemi e di filosofia politica e di sistema, ognuna e tutte tese a garantir loro vita lunga, durevole e agiata proprio nel mentre che …

il paese reale continua a morirne lentamente !.