Perestroika e Glasnost ( … rinnovamento e trasparenza …) - di Francesco Briganti

01.02.2014 09:36

Sono cresciuto in una terra particolare: dura, aspra, leale, bellissima. Sono cresciuto imparando cose che, lì dove sono nato, per indole, per cultura, per dominazioni varie e ripetute, avevano un valore non meno importante, ma succedaneo all’arte dell’arrangiarsi e del sopravvivere. Sono cresciuto tra persone che davano sostanza all’essenza molto più che all’apparire, dove maschi e femmine si nasceva, ma uomini e donne si diventava. Sono cresciuto nel mito dell’onore, nella convinzione che l’intelligenza vale più della furbizia e che una parola data, un impegno preso, “LA FACCIA” venivano esaltate sino anche al sacrificio personale. Mi è stato insegnato che nella vita o “SEI” o “NON SEI” e non ci sono vie di mezzo, non ci sono sfumature, non ci sono giustificazioni. Alla resa dei conti, quale che siano le condizioni, i mezzi, le difficoltà o le facilitazioni incontrate o perse e non ricevute, quello che è davvero importante è il risultato: positivo o negativo che sia!.
Ho poco più di sessantanni e sono arrivato in quella terra che ne avevo quattordici: quindi quell’imprimatur è arrivato nel momento più delicato nella vita di una persona; quando, cioè, l’intorno è la fucina che forgerà ogni tuo comportamento futuro. So bene che ogni regola ha la sua eccezione e che non c’è la perfezione in ogni dove e so altrettanto bene che quegli stessi concetti portati all’eccesso o piegati ad interessi particolari e/o illeciti portano a degenerazioni patologiche, ma anche per queste è comunque l’ambiente ad essere determinante e decisivo; anche se, poi, una gran parte la fa la propria personale indole genetica.
L’intelligenza e la cultura, non solo quella scolastica, ma anche e sopra ogni altra cosa quella vissuta, mediano concetti estremi, convinzioni radicate, integralismi e fondamentalismi con la vita reale, con l’esistenza e le esigenze altrui ed in un contesto sociale spingono alla tolleranza, all’esempio, alla collaborazione ed all’integrazione. Quando mancasse una di quelle due caratteristiche allora si incontrano, la rabbia, la violenza, la sopraffazione e la presunzione di essere superiori, unici, speciali. Da qui la ricerca della supremazia, del protagonismo, del successo ad ogni costo, con ogni mezzo, lecito o illecito, senza alcun riguardo per gli altri che non siano, e anche questo non sempre, pedissequamente proni a quel ”IO” dominante che avesse raggiunto una posizione di prevalenza: il primus inter pares e/o super pares. Da quest’ultimo a cascata discendono tutti i malesseri di una nazione, di uno stato, di un governo, di una politica, di una società e di un popolo che, non si sa per quale motivo, riesce sempre a seguire, a trasmettere e ad acclamare solo gli esempi più sbagliati e deleteri.
Si comincia quindi con il perdere il valore della sostanza per radicarsi in quello dell’apparire ed in ragione di questo, poco a poco, si perde “la faccia”, la si trasforma in funzione di questa o quella esigenza, di questo o quell’altro momento, del particolare e temporaneo compagno di viaggio, dell’obiettivo da raggiungere o dell’interesse da salvaguardare o far vincere. Il “comune” e l’ “oggettivo” spariscono lentamente all’orizzonte e dietro le spalle mentre l’egoistico ed il soggettivo diventano i protagonisti per tutti e per ciascuno dei tutti. Ognuno combatte per sé, per un cerchio ristretto, per un partito, per una lobby, in una sempiterna e continua guerra di tutti contro tutti con, come risultato finale ed ultimo, ma propedeutico a successive ed estreme battaglie, nessun vincitore quand’anche apparentemente qualcuno si proclamasse tale.
Le chiacchiere da cortile, urlate o sommesse da coro di sotto fondo, la fanno da padrone; i galli sui cumuli di letame assurgono a posizioni di evidenza e gli afflitti, i diseredati, i bisognosi e coloro che si considerano degli sconfitti nati ne costituiscono gli eserciti, ed a volte, da militanti di questi eserciti trovano quel coraggio maligno e soverchiatore che, per sé e per la loro stessa esistenza, non avevano precedentemente trovato: l’anteprima dello sfascio o della rinascita, comunque foriera di periodi estremi e pericolosi. La storia insegna, la memoria dovrebbe educare, la realtà nasconde, svilisce, illude e narcotizza.
L’Italia è questa!.
Occorrerebbe di tanto in tanto soffermarsi a pensare; considerare sé stessi ed uscire dal proprio ristretto angolo di terra per tentare un sorvolo sul generale e su quelli che sono i veri valori di un mondo fatto e vissuto da oltre sei miliardi di anime; si riuscirebbe, io credo, ad essere migliori. Forse un tanto di più per ogni attimo di astrazione, quindi con il tempo e la pazienza, convincendosi del fatto che se è vero che le favole non esistono, è altrettanto vero che i MIRACOLI a volte accadono!.