… questi fantasmi … - di Francesco Briganti

14.12.2014 07:34

Non scendevo in Calabria da qualche anno: i preparativi per il matrimonio di mia figlia, poi la morte di mio padre, quindi la nascita di mia nipote, sono state vicende che si sono aggiunte ai numerosi impegni di lavoro e, perciò, per alcune estati non siamo riusciti a concederci le solite due settimane di vacanza in terra patria. Appena nata l’estate duemila dodici abbiamo deciso che, quale che fosse la situazione, niente ci avrebbe impedito di concederci una meritata vacanza.
Eravamo, in quella occasione, a cena invitati a casa di mia sorella, sedevamo in un convivio familiare degno della migliore tradizione calabrese una ventina di persone; la tavola era imbandita di ogni ben di Dio: salumi di fattura casareccia di ogni genere, del buon vino Cirò, rosso e peso, e del Corvo bianco a me riservato in quanto cultore di questo tipo di bevanda e poi, in ossequio ai miei gusti ben conosciuti dalla amabile sorella, le linguine alla puttanesca, la lingua salmistrata, il pollo alla diavola, delle costolette d’agnello alla scottadito e contorni di ogni genere e tipo: in un solo concetto la tipica cena “amarcord” calabrese.
In un angolo, la televisione blaterava le solite cose, ignorata tale quale soprammobile vetusto ed abitudinario cui nessuno fa più caso. Si chiacchierava, confusionari e felici, dimentichi delle cose del mondo e di chi una cena come quella la vedeva come un fatto nostalgico o, addirittura, come un evento fantascientifico; nessuno di noi, in quel momento, aveva altro sentire se non quello di una ricorrenza da troppo tempo rimandata. Eppure, alcuni argomenti della trasmissione televisiva in corso, lentamente si stampavano nella mia mente, sino a che, quasi estraniandomi dal gioco familiare, cominciavo a seguire più attentamente.
Una donna, anziana, dimessa, canuta e sciatta di bisogno, china sugli scarti di un mercato a cercare di rimediare una improbabile cena è il ricordo che ancora mi porto dietro da quel momento ed è stato in quel preciso istante che ho preso una decisione: non si può conoscere una situazione, non si può effettivamente parlarne se la stessa non è vissuta in prima persona, sulla propria pelle, subendone, sia pure per scelta precisa, le conseguenze. Rientrati al domicilio, ho voluto sperimentare condizioni estreme di disagio finanziario; ho lasciato che ogni cosa precipitasse, sperando più che contando su anni di passata correttezza economica.
Dovete sapere che la nostra Costituzione non è, come qualcuno spudoratamente finge di credere, una dichiarazione di intenti, ma è una elencazione di principi che codificano diritti e doveri dei cittadini: DIRITTI E DOVERI; prima gli uni e poi, solo poi, gli altri. Faccio questa breve premessa giacché mi preme sottolineare che se ciascuno di Voi, invece di seguire le più grosse stronzate mai create da e per una televisione popolare, ogni sera leggesse qualche articolo della nostra carta costituzionale, questo paese, in un battibaleno, cambierebbe in seguito alla rabbia ed alla frustrazione non più contenute di ognuno.
In barba ai dettami dei padri costituenti, con il massimo disinteresse per gli stessi, e nel disprezzo più pieno di quelli che sono anche dei diritti inviolabili del cittadino, per questo stato se sei un poveraccio, se hai perso il lavoro, se ancora non lo hai trovato, se sei un povero cristo incappato nella stoltezza Fornero, quale che sia la causa della tua povertà avvertita o peggio ancora reale, ha messo in piedi condizioni e strutture al fine di rendere vigente la legge della giungla: solo i più forti rimangono!; dove per più forti si devono intendere quelli con i soldi e dunque, tra questi e sono la maggioranza, disonesti, criminali, burocrati, politici, sfruttatori e lestofanti in genere.
Questo è uno stato che non più ragione di esistere; questo è un paese in cui è troppo facile riempirsi la bocca disquisendo di massimi sistemi o di quanto sia meglio quotare in borsa la mafia piuttosto che darsi da fare nel concreto per un possibile cambiamento nel cominciare dai più urgenti e necessari; questa è una nazione di debosciati convinti che a loro non capiterà mai di provare la fame, quella vera; l’abbrutimento, quello disperante; l’umiliazione, quella senza più dignità e disposta a tutto; la rabbia, quella folle contro tutto e tutti. Debosciati che non si convinceranno a sottrarsi al proprio personale soggettivo ricatto di stato fino a che essi stessi non proveranno quanto vale un cespo di lattuga marcia quando si ha fame. Debosciati parte di un non-popolo che ancora si auto convince che i doveri sono più importanti dei diritti.

IO DICO CHE SENZA DIRITTI NON CI SONO PIU’ DOVERI!.

E come me lo dicono la Costituzione americana e quelle di ogni consorzio civile, secoli di letteratura internazionale, millenni di storia umana e miriadi di credi religiosi tanto bravi nella teoria quanto, poi, pessimi, nella pratica quotidiana.
Certo!, i consumi vanno onorati; certo!, io ho stressato il sistema; certo!, io mi sono volontariamente messo dalla parte del torto …; certo, io ho spinto ogni cosa alle estreme conseguenze, ma : “l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro “ e lavoro non ce n’è; “ … E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”, e questo non accade; non accade mai.
E questo anche solo per citare due dei principi della nostra Costituzione: art. 1 ed al art. 3; entrambi a sancire il compito primo di uno stato serio e rispettoso dei propri cittadini.
Io ho costretto la mia famiglia a vivere un disagio vero: abbiamo vissuto l’angoscia del irreversibile!. Conosciamo ad esempio cosa vuol dire restare senza acqua e senza energia elettrica per giorni e settimane ; ho visto la lucina davanti alla tomba di mio padre spegnersi perché non c’è più nemmeno rispetto per i morti; conosco, oggi, cosa significa fare la spesa, per mesi, dovendo sommare i costi pensando a quanto in tasca o dover scegliere tra un pezzo di pane e una medicina; ma devo a questo se i miei figli hanno potuto capire che essere di sinistra avendo la pancia piena ed il portafogli fornito è molto più facile rispetto a chi, viceversa, oltre a vivere una condizione disagiata vede calpestati i propri diritti, la propria dignità, la propria voglia di vivere; hanno capito che ritrovarsi reietti e senza sponde alle quali approdare è una condizione mortificante e senza speranza che può aprire strade forse non volute, a volte obbligate, di certo strazianti; adesso sanno che chi quella condizione disagiata non l’ha vissuta in prima persona non potrà mai comprenderla.
Tranquilli, non sono arrivato al suicidio economico per quanto ci sia andato vicino, ogni cosa è già tornata ai nostri canoni abituali; potevamo farlo e lo abbiamo fatto …

noi potevamo!, ma quelli che non possono?!.