… risiko … - di Francesco Briganti

13.09.2014 20:10

La miseria, quella vera, quella mortificante, quella che non lascia un futuro possibile si vede da poche, ma ben determinate cose. Quando si stesse parlando di un paese quelle cose diventano pressoché irreversibili quando ci fosse un aumento costante della povertà reale ed una povertà avvertita, l’una una realtà e l’altra come sensazione, sempre ed a macchia d’olio più diffuse e paralizzanti.
I prodromi della miseria, in ogni caso ed ovunque, sono nella stupidità umana. Sia chiaro, stupidità riferita non al singolo, ma ad una gestione della cosa pubblica relegata a vincoli ideologici e da questi costretta ad una unicità lineare che non ammette alternative possibili.
E’ questo quello che nella comunità europea accade dall’inizio di questa dirompente crisi mondiale. Nei paesi dell’euro un pensiero ideologico fortemente, estremamente legato all’idea finanziaria del profitto e non ad una esigenza dettata dall’economia reale, ha fatto sì che si cercasse di correggere degli errori commettendone altri più o meno geneticamente simili o, comunque, appartenenti ad una stessa filosofia di vita: quella del mercato.
Per favorire il mercato si è incentivato, in passato una facilità di spesa non supportata da una ricchezza adeguatamente reale e quando sono scoppiate le bolle dei debiti non pagati, tutte e tutte in successione come una fatidica catena di sant’Antonio, tutte perché troppe rispetto al ragionevole, si è pensato di ovviare alla situazione generale procedendo con tagli alla spesa pubblica, con restrizioni del credito, con provvedimenti spot rivelatisi, ognuno e tutti, dall’immediato deprimenti del e nel prosieguo e non risolutivi. Ad incancrenire ogni cosa il perseverare nonostante e comunque senza mai prendere in considerazione, se non in inutili non conseguenziali talk, socio-politico-mediatici, alcuna variabile del possibile e del probabile.
I tagli, lineari, a pioggia indistinta, non causali bensì casuali, e mai diretti a colpire drasticamente quelle spese ovunque ragionevolmente come le prime da ridurre quando non da eliminare completamente, hanno prodotto come risultato unico una fittizia e non incisiva riduzione della spesa reale accrescendo nello stesso tempo lo spreco dall’alto e lo stress economico degli unici veri utilizzatori finali: quel popolo che ad un palo di lap dance non guarda qualche ballerina a spogliarsi, ma spesso, sempre più di frequente materialmente ci si impicca; quel popolo che gli aerei, siano essi dei bombardieri o solo di linea, li conosce solo se si mette con il naso all’in su; quel popolo che ventimila euro o i milioni di euro li vede, quando va bene e lordi, in un anno o, addirittura, nel solo caso di una propria, singola, comune e ripetuta metempsicosi; quel popolo che sempre più spesso rinuncia a qualcosa per non arrendersi definitivamente ad un soccombere morale prima che materiale: di mercato ci siamo ammalati, di mercato stiamo morendo, non è col mercato, sia pure in dosi omeopatiche, che guariremo. Occorrono intelligenza e non slogan; occorrono fatti e non parole; occorrono radicali e drastici cambiamenti e non chiacchiere da cortile e/o fumi comunque colorati.
In una delle commiserevoli scuole italiane ne esiste una fra le altre da me conosciuta il cui il plafond finanziario destinato alle sostituzioni degli insegnati è di soli tremilacinquecento euro cifra ridicola e totalmente insufficiente se si considera il rispetto degli alunni, in quanto futuro di un paese, e di quegli stessi insegnati che dovrebbero sostituire quando loro toccasse. Cito un caso specifico non per creare un facile polo di attrazione, ma perché quando un paese non tiene nel debito conto, nel debito supporto, nella debita considerazione l’istruzione dei paesani allora siamo nel caso della procurata patologia e non più e non solo in quello dell’incapacità e della malfidata negazione della stessa.
In Africa, paese del terzo, adesso forse quarto quinto mondo, assieme agli ospedali di emergenza, assieme agli svariati tentativi di alleviare una situazione di miseria miserabile, troverete sempre e comunque, anche un’aula scolastica e dei professori impegnati all’istruzione. In Africa sanno che non c’è benessere senza istruzione; sanno che l’istruzione rende liberi; sanno che nell’istruzione nasce, cresce e si sviluppa il futuro.
In “ questopaese ” abbiamo smesso di credere nel futuro nel giorno ci siamo votati all’imitazione di un pagliaccio arricchitosi sulla credulità altrui e sulla sua perpetuazione, ora in questo ora in quello, lasciando che dei suoi piccoli miserabili cloni ne facessero le veci.
NOI ?, noi non vogliamo cavarcela!.