Sessantacinque anni fa sul Pico de Orizaba in Messico - di Francesco Briganti

08.03.2015 08:03

Sessantacinque anni fa sul Pico de Orizaba in Messico una valanga uccideva seppellendoli due scalatori. Il loro nome, se non per i parenti afflitti, non è particolarmente importante ricordalo ora; né, ora, avrebbe un senso quella finta partecipazione a tale afflizione, o quello stupore di maniera che si esprime nella considerazione del tutto inutile sulla natura assassina, sulla natura che conserva, sulle capacità di un organismo di restare mummificato nel tempo quando ci fossero le condizioni necessarie a quel che.

La notizia mi ha colpito perché il mio cervello funziona in un modo tutto suo; vedendo le immagini di quei poveri corpi riportati alla luce, a me è capitato immediatamente di pensare a le tante mummie vaganti per questo paese le quali, pur morte da secoli, ancore credono di essere vive, di avere una valenza, di poter incidere nella storia.

Vero è, che in un mondo di zombies, mummia più, mummia meno fa poca differenza, ma il riscontrarlo quotidianamente a me non da un totale rassegnato, ma rende una rabbia crescente, schifata, parossistica. A quale divertente gioco di società Vi inviterei se adesso cominciassi ad elencare il solito numero di personaggi il cui cadaverico tanfo ammorba l'iter quotidiano di ognuno?; che cosa potrei spostare di una virgola se invitassi ciascuno di NOi, me compreso, a prendere atto della propria puzza di cadavere?; quale sollievo apporterei alla squallida, serena, agiata, miserabile, disastrata, fortunata, splendida, schifosa vita di chi rispettivamente se ne riconoscesse ubicando in questa o quella fogna la tale o la tal'altra istituzione?. Non sarebbe altro che il girare sadicmente un cltello senza filo di lama in una ferita di per sé già infetta ed incancrenita. E, dunque, non lo faccio: c'è su queste pagine tanta di quella roba stupida ed inutile che aumentarne la densità con tali considerazioni sarebbe annettermi alla sequela.

Mi piace invece parlare di donne. IO amo le donne. Ne amo qualcuna in particolare è logico ed fisiologico, naturale. I soggetti da tale sentimento, per mia fortuna lo sanno e mi ricambiano; ma detto questo io affermo in totale sincerità che amo tutte le donne. Certo, come ogni uomo, credo, ho le mie preferenze: mi piacciono bionde e brune purché con lunghi morbidi e setosi capelli; che vestano prevalentemente femminile; che non disdegnino di essere s<é stesse senza dar troppo conto ad un aspetto fisico se non per portarlo con disinvoltura e compiacimento qualunque esso sia; che sappiano essere persone nel mondo e non manichini tra la gente; che abbiano un cervello degno di tale nome e che lo facciano funzionare sia pure nel modo che più a loro aggrada: che siano dolci, ferme, decise, accomodanti stupende come solo una donna sa esserlo, anche e sopra tutto, quando mostra di non sapere di esserlo.

Femmine si nasce e, secondo me, donne si diventa. Una donna è il coacervo genetico della massima sapienza, della più estesa capacità di sintesi fattiva e di razionalità immaginifica; una donna sa nel giro di una frazione di secondo quale è l'atteggiamento migliore da adottare quale che sia la situazione da affrontare e, pure nella propria intima scelta di fragilità emotiva, essa ha una forza tale da sorreggere il più erculeo degli uomini: secondo me è un dogma assoluto quello secondo cui " dietro ad ogni grande uomo c'è una donna ancora più grande!".

Poche spicciole parole per la natura fisica delle donne. Amabili ed affascinanti; belle da vedere; melanconicamente genetrici di languori inconfessati o padri delle più grandi passioni erotiche e sentimentali.

L'essere donna e l'essere femmina separatamente secondo la circostanza particolare o condizioni maliziosamente fuse assieme in determinati momenti di estrema eterna poesia e/o di intima materialità le rende quanto di più trascendente e prossimo al divino questo schifosissimo mondo ci regala.

Donna è bello!; e lo dice un uomo che, grazie a Dio e finché dura, è ancora capace di esserlo!.