... siamo chi siamo ... - di Francesco Briganti

02.03.2016 22:19

Giulio era un ragazzo; Giulio era un free lance del Manifesto; Giulio era un giornalista di quelli che ne nascono ogni tanto e per i quali non ci sono compromessi possibili giacché amano il loro "lavoro" in quanto amano sé stessi.Giulio era un ragazzo di quelli che ti fanno essere orgoglioso di averlo come connazionale.Giulio era l'avanguardia di quella gioventù che ancora crede nel futuro.

Giulio era tutto questo, ma non era uno stupido; Giulio sapeva di correre dei pericoli e, perciò, i suoi reportage portavano come firma uno pseudonimo; ciò nonostante Giulio è stato torturato, prima di essere ucciso o di morirne, per sette, sette, sette, sette, lunghissimi giorni.

Una cella spoglia; quadrata, mura senza finestre, la puzza del sudore, di tanti altri prima del suo ingresso; spruzzi di sangue sul pavimento ed un tavolino in un angolo quale supporto dei più disparati strumenti: alcuni arrugginiti, tanto saranno l'ultima cosa che il malcapitato subirà, sporchi, acuminati, rasposi a lacerare; altri sofisticati, collegati ad apparecchiature elettriche a choccare o a stimolatori del battito cardiaco, affinché la vittima non muoia anzi tempo: deve parlare, occorre sapere se e cosa sa, per quanto già scritto la condanna è già esecutiva.

Il suo aguzzino fuma; oh, non perché gli piaccia, almeno non quanto gli piaccia spegnere le cicche sulla carne martoriata; il tipo è scientifico, conosce dove e come colpire, come e dove infliggere il dolore atroce, quello che sfianca senza uccidere, quello che fa pregare Iddio di lasciarlo morire, quello che, alle fine e per chiunque, significa confessare anche di essere stato il pretoriano che ha infisso una lancia in un costato: TUTTO! purché il tormento finisca.

Ed alla fine, il tormento finisce; il cervello cede prima del cuore, prima che i polmoni smettano di respirare, prima che la pelle diventi insensibile, prima che la bestialità umana esaurisca tutta la sua ferocia ed è a quel punto che fradicio di sudore tanto quanto la propria vittima, l'aguzzino abbassa le braccia e si chiede se ha raggiunto il proprio scopo; si chiede se quel ragazzo è crollato troppo presto o ciò che ha detto è proprio tutto; se vale la pena dargli il colpo di grazia o se è meglio lasciarlo morire; si chiede dove dovrà finire il cadavere.

Poi, quel ruolo finisce; Giulio è morto martoriato in ogni modo ed entrano in gioco altri attori, quelli che devono abbandonare simulando una cosa che non è; non servirà, se appena il paese del giovane è poco poco serio si scatenerà un finimondo, se appena la vita di quel ragazzo avrà avuto un valore per qualcuno saranno guai seri, se ...; poi qualcuno ricorda che quel ragazzo è italiano; qualcuno ricorda chi e cosa sono i governanti italiani; qualcuno sa che per certa gente contano molto più gli affari che le vita; che un notabile italiano è, proprio in quei giorni in visita all'alleato egiziano e, dunque, Giulio viene BUTTATO in una poco più di una fogna.

Giulio, Giulio, Giulio: Non mi interessa il cognome, non mi interessa il perché e nemmeno il come; mi interessa affermare che siamo tutti figli di un dio minore quando un nostro fratello, figlio, amico, concittadino o connazionale, perfetto sconosciuto, viene martirizzato in questo modo e la reazione più drastica è una richiesta di verità che, vera, nessuno conoscerà mai; non in questo paese, non con questi governanti, non con questo popolo la cui unica capacità è quella di pararsi il culo ...

almeno finché non glielo rompono.