... soul woman ... - di Francesco Briganti

24.04.2016 10:01

Durante la vita si incontrano tante persone,
ognuna centro di un mondo,
ciascuna importante
solo per il fatto di esistere.

Molte lo sono solo per sé stesse,
alcune lo sono anche per altri,
poche riescono ad esserlo per i più,
soltanto qualcuno lo è per tutti.

Comunicare quel ti sento ad un'anima
e dirle " tu esisti ed io me ne sono accorto"
ma con quante si continua con
"ti ringrazio di questo e ti voglio bene" ?.

Con Te si può!

... soul woman ...

All'angolo di viale Monza, oltre il numero 133 ed il palazzo di forza italia, c'è uno scorcio di Milano che non conoscevo; è una sorta di camminamento, un viale ciclabile e pedonale che corre parallelo ad un canale dove un pò si respira quella che doveva essere l'atmosfera della vecchia Milano.

Ci sono delle case, tra cui un vecchio mulino, i cui balconi si affacciano a pelo d'acqua su di un panorama quasi fuori dal tempo: gallinelle d'acqua nuotano richiamandosi fra loro attente a che, qualche gatto, appostato tra i rami ondeggianti allo scorrere dell'acqua, non le trasformi nel suo pasto quotidiano: il tutto è compenetrato in una corrente d'aria che tra un profumo di fiori ed un odore non altrettanto nobile, spinge ad immergersi in una ambientazione quasi manzoniana.

L'ho fatto, prima distrattamente e poi sempre più attento ai particolari e seguendo l'ampio arco di cerchio che questo viale percorre ho visto, sulle sponde del canale, tutte quelle donne che un tempo vi lavavano i panni e i bimbi che vi sguazzavano dentro attenti ai barconi che, carichi di farina e di altre mercanzie, dalla campagna risalivano al centro o, viceversa, tornavano verso la loro originale provenienza.

L'innaturale tepore di un dicembre mai più temperato a memoria d'uomo, in quell'ora spingeva molte persone a sfruttare la pausa pranzo sedute sulle panchine a perdersi nei propri pensieri, nei propri ricordi o nei propri sogni: su una di queste due ragazzi si tenevano per mano lo sguardo perso tra gli alberi di uno spiazzo al di là del canale; d'un tratto, quasi ispirata dall'improvviso sortire da sotto un cespuglio di un gruppo di gallinelle, la ragazza s'è girata verso il suo compagno e, guardatolo negli occhi, l'ha baciato con un trasporto ed una gioia di vivere tali da muovermi ad un pensiero d'invidia…. .

Era bella.

Una bambola in miniatura che disinvolta portava la sua minigonna, larga e pieghettata, al limite della decenza, ed era la mia ragazza.
Aveva i capelli sciolti sulle spalle ed un sorriso che faceva da catarifrangente al verde dei suoi occhi. Passeggiava con le amiche all’uscita di scuola, secondo le regole dello struscio dell’epoca, i libri sotto il braccio ignorando le occhiate dei ragazzi e l’invidia di quelle coetanee che, prive del suo coraggio, continuavano ad agghindarsi ignare o ancora timorose dell’esistenza di Mary Quant, io le andavo incontro fiero ma nello stesso tempo timoroso, già sapendo che al nostro passeggiare insieme sarebbe ricominciato il mormorio dei “ l’articolo il”, “il gigante e la bambina” comprensivo di tutte quelle sciocchezze che andavano a sottolineare la ns. differenza d’altezza.

Ci conoscevamo da qualche tempo.
Una conoscenza non profonda ma piuttosto legata al fatto che mi vedeva amoreggiare con una sua coetanea che abitava nel suo stesso palazzo deputando l’androne dello stesso a nostra alcova e garçonniere : non capivo per quale motivo questa sedicenne carina ma un po’ antipatica stesse sempre tra i piedi ad interrompere le nostre effusioni amorose una volta con la scusa della spazzatura un’altra per chiamare la sorella, un’altra ancora perché mandata a comprare qualcosa.

Scendeva le scale facendo quanto più rumore era possibile, poi passandoci accanto, ci lanciava uno sguardo sprezzante per passare oltre con fare altezzoso e disapprovante.
Non era il mio tipo, a me le ragazze piacevano alte e bionde e con i capelli lunghi, lei era di bassa statura, nera corvina e con i capelli alla nuca; le preferivo non molto disinvolte e lei sfoggiava delle minigonne poco più grandi di una cintura, confesso anche che un po’ mi intimidiva e così, a pelle, che mi era, per sopra mercato, leggermente antipatica.

Piaceva però ad un mio caro amico che tentò la sorte del cuore, così come allora usava, facendole unaa dichiarazione di amorosi intenti, restandone frustrato da un no risoluto e perentorio.
In un momento di esaltazione machista, ma più che altro spinto dal desiderio di frantumare quello sguardo altezzoso che ogni volta mi lanciava, scommisi con lui che a me, invece, avrebbe risposto con un sì : per posta un ridicolo, meschino, stupido caffé.

Presi ad incontrarla casualmente e sempre più spesso all’uscita di scuola, cominciai a frequentare casa di un comune zio acquisito e ad uscire con lei profittando delle pause con l’altra ragazza e qualche tempo dopo arrivò il si alla mia dichiarazione d’amore.
La scommessa era vinta, ma non mi risolvevo a troncare una storia che non aveva nessuna ragione di continuare se non quella di avere come supporto ad una sorta di megalomania tipicamente latina, l’essere protagonista di pseudo rapporti con due ragazze contemporaneamente.

Il giorno che uscì anticipatamente da scuola per la defezione imprevista di un professore ne venni beccato a passeggiare, in ostentazioni amorose, sul corso in compagnia dell’altra ragazza con la quale ancora filavo: senza profferire parole mi lanciò uno sguardo misto di delusione, dispiacere e rancore e giratemi le spalle se ne andò incurante con un’alzata di spalle.

Mi accorsi in quel istante come poco a poco fossi rimasto impigliato in una tela tanto fitta ed avvolgente quanto dolce ed impalpabile: una fitta allo stomaco, forse la prima di tutta una serie che anni dopo avrebbe caratterizzato le mie giornate, portò alla coscienza quanto lei fosse diventata importante nella mia vita per cui, abbandonata l’altra in mezzo alla strada con un ignobile “ mi dispiace”, le corsi dietro come un cane che insegue l’auto dei suoi padroni lungo l’autostrada…. .

Son passati quarantasei anni da allora.
E’ madre superlativa di tre splendidi figli; insegna, è un’ottima padrona di casa e una moglie accondiscendente anche se a volte con momenti distratti e priorità tutte sue incuranti di quanto e quanti le sono dintorno.

La tela mostra a volte tutto il suo spessore e peso e ha qualche retrogusto di amaro che spinge le sue sfumature fino al acido del limone; ma basta un niente per capirsi, basta un niente per chiedersi il perché di tanto tempo insieme, basta un niente per chiedersi quando e come affinché il tutto divenisse differentemente, basta un niente per perdersi nel terrore che tutto possa di un tratto essere diverso.

E’ l’amore o semplicemente la sintesi di una vita insieme?
E’ la gioia o la paura per essere ancora insieme?
E’ la certezza di poterla guardare negli occhi sapendo che ci sarà domani e domani ancora e ed ancora domani ancora; nella speranza che quel domani in cui non dovesse esserci tu sia già di là ad attenderla avendole preparato una vita finalmente infinita e diversa.

… i passi, uno dietro l’altro, mi hanno portato oltre ed era scomparso il profumo dei fiori, ed il richiamo delle gallinelle aveva preso a confondersi, fino a sparire, nel sottofondo del traffico e il fetore dei canali di scarico aveva chiuso quelli della memoria costringendomi ad un ritorno repentino e subitaneo alla routine di ogni giorno e, benedicendo l’inventore dei cellulari, ...

ho appagato la sete della sua voce.