… suonala ancora Sam … - di Francesco Briganti

31.07.2013 08:57

Durante l’ultima guerra mondiale gli assassini “urbietorbi” lasciarono che alcune zone del mondo fossero di libera, se così vogliamo dire, circolazione. Una di queste era la città di Casablanca in Marocco. Tedeschi, americani ed inglesi, la resistenza francese e gli uomini di Vichy vi convivevano in una sorta di belligeranza non combattuta alla luce del sole, ma continuata e perenne tra intrighi, tradimenti, lauti guadagni per i soliti abili approfittatori, alle pelle dei soliti poveri civili che quali in fuga da paesi occupati, quali costretti al buon viso a cattivo gioco avevano, tutti, una sola speranza: che quello stillicidio di disperazioni e sangue finisse. Così viene descritta nel film omonimo, la cui trama credo sia universalmente conosciuta, la realtà giornaliera; vi si racconta, ancora e più volte, di certe “lettere di transito”, di quei lasciapassare, cioè, cioè, che avrebbero permesso a chiunque di vivere o lasciare i territori occupati senza alcun ostacolo ad opporsi. Nella realtà vera, almeno per quanto riguarda Casablanca non c’erano forze occupanti della Wermacht e non esistevano lasciapassare di nessun genere, ma si sa i film sono una cosa e la realtà un’altra. Anche nel film “il Caimano” di N. Moretti si racconta una trama fantasiosa che, per quanto ispirata a fatti veramente accaduti, termina con una condanna dell’imputato principe; condanna alla quale segue una sorta di ribellione di piazza dei seguaci del colpevole ed una violenta ipotizzata guerra civile in sua difesa. Tra i due, il film che maggiormente potrebbe essere aderente ad una situazione reale, rispettivamente del passato e del futuro, è sicuramente il secondo. Le ragioni storiche spiegano continuamente quanto l’uomo sia “bastardamente vigliacco è traditore” quando si tratti di far valere le proprie ragioni, soprattutto quando queste sono sbagliate, ma la “ragione italiana” ci ha insegnato che ogni essere può essere, che al peggio non c’è limite e che, infine, la stupidità ottusa è prerogativa di certi seguaci di certuni profeti del nulla che predicano al meglio e razzolano al pessimo. Ecco perché questa data odierna del trenta luglio 2013 potrebbe segnare l’inizio di un periodo estremamente difficile per questo paese. Ho già avuto modo di scrivere che le sentenze di un tribunale, quali che siano, in uno stato di diritto vanno rispettate: ci sono, infatti ed a meno di aberrazioni dimostrate, tutte le condizioni necessarie affinché accusa e difesa possano espletare al meglio le loro prerogative e, quando l’una o l’altra non fossero soddisfatte dall’esito primo del giudizio, ne possono scalare tutti i gradi possibili ma ed alla fine, lo stesso sarà, deve esserlo, definitivo: Colpevole o Innocente. Oggi, domani al massimo, noi tutti toccheremo con mano quanto il grande Moretti sia stato abile regista piuttosto che mago divinatore del futuro. Sussurri e grida di sottofondo trasmettono voci non verificate di una dichiarata signorilità di un certo imputato e di una contemporanea chiamata alle armi dei suoi seguaci; si ascolta l’eco di rassicuranti (non certo per noi; ndr) voci di tenuta del govern(icchi)o Letta in caso di una condanna contemporanee a quella di una (speriamo; ndr) caduta dello stesso; si avvertono tranquillizzanti “let it be” al fianco di “… scatenate l’inferno …” di gladiatoria memoria. Non c’è pace tra gli ulivi di questo disgraziato (si potrà scrivere questo?; ndr) Paese. Con tutti i problemi, le tragedie e le multiformi e molteplici disperazioni che in esso si diffondono come olio sull’acqua e come pestilenza a Milano, il pericolo di una estremizzazioni delle posizioni dei più fanatici dall’una e dall’altra parte, è senza dubbio quella che ci manca di meno. Un richiamo alla responsabilità ed alla moderazione non dovrebbero essere necessari se avessimo delle forze politiche serie cosa che in Italia è più fantascientifica dei racconti di Asimov; ma noi non abbiamo questa fortuna proprio perché non siamo seri noi per primi che tali forze abbiamo eletto e quindi dobbiamo ricordarci di questi presupposti nel generare, valutare e vivere i domani da oggi in poi. And as time goes by ( e mentre il tempo scorre) spingiamo affinché, finalmente, si possa discutere delle soluzioni trovate piuttosto che di condanne o assoluzioni.