… tatta ratta tara tà … ( italia ..., uno!) - di Francesco Briganti

08.04.2015 10:03

Noi, tutti, ognuno preso nel proprio singolo, soggettivo, personale intorno, siamo migliori di quello che crediamo di essere. Mi spingo oltre l’apparente buonismo di tale affermazione; certo è facile, riferendosi ad un qualsiasi criminale o personaggio pubblico chiacchierato, fare questa asserzione. Cosa ci vuole ad essere migliori per un Totò Riina o per un Berlusconi qualunque?, nulla!, basta poco. Quindi, tanto più essi continuassero a rimanere quel che sono tanto più grande sarebbe la loro vera colpa giacché sarebbe questo a renderli imperdonabili oltre che il loro stesso agire.

Quando, però, la mia presunzione si spingesse e si estendesse a soggetti universalmente portati ad esempio per la loro dirittura morale e comportamentale allora la stessa potrebbe sembrare una boutade senza senso, giacché dire che un San Francesco o una Madre Teresa di Calcutta avrebbero potuto essere ancora di più santi sarebbe come dire che nel oceano ci sono un numero finito di gocce d’acqua. Eppure, cosa spinge gli uni e gli altri, malvagi e santi rispettivamente, ad essere quel che sono se non un proprio grande o piccolo bisogno personale, quindi egoistico, quindi molla sbagliata, quindi mero interesse terreno?.

Nessuno nasce santo o malvagio per decisione esterna al proprio sé; sarebbe troppo semplice e senza colpa o merito se così fosse; lo stesso Gesù, morendo sulla croce, che grandezza avrebbe avuto se fosse stato certo a priori della sua natura divina e della sua resurrezione?; nessuna!, il suo sarebbe stato il mettere in scena una rappresentazione qual opera teatrale ripetibile senza alcun sacrificio veramente tale. Dunque, già l’ammettere con sé stessi quella molla di cui si parlava è già di per sé un passo avanti verso una condizione a migliorare la precedente.

Nel discorso quotidiano, poi, la mia presunzione personale, trova ogni riscontro solo che ciascuno, sinceramente e senza falsi pudori o misconosciute ipocrisie, si guardi allo specchio e si analizzi nei motivi, nei comportamenti conseguenti, nelle simpatie ed antipatie, negli amori, nel iter ripetuto di una vita consolidata o perennemente alla ricerca di uno status più soddisfacente o, quanto meno, ritenuto tale.

Facciamo un altro esempio. La partita Roma Napoli di sabato scorso. Malamente persa dalla squadra partenopea, vinta senza alcun merito dalla squadra romana. Per ciascuno dei ventisette in campo essere migliori di quello che hanno mostrato non solo era una possibilità, ma, è facilmente dimostrabile, un preciso dovere. Quella partita, però, non va ricordata per il risultato o per la qualità del gioco espresso, o per la soddisfazioni degli uni e la vergogna degli altri, Essa, il maiuscolo in questo caso è d’obbligo, deve rimanere negli annali del peggio per uno striscione apparso sugli spalti che quantifica, in maniera matematica, la mia affermazione sublimando e sovvertendo il concetto di limite: “ … esiste sempre un Epsilon, per quanto piccolo, tale che si possa passare da una condizione infima ad una meno …”.

Ho letto su molti giornali e dagli scritti di molti di quanto conseguentemente infimo sia stato: a) il comportamento dei giocatori in campo, che per convenienze di spettacolo, hanno fatto finta di non vedere; b) quello della società capitolina che ha atteso la punizione della lega per esprimere la propria disapprovazione; c) quello della lega calcio stessa che ha limitato tale punizione ad una sola giornata di chiusura della curva; d) eccetera eccetera eccetera … .

Non c’è stata voce, dico alcuna voce, che abbia fatto riferimento al comportamento disinvolto e squallido delle altre miglia di spettatori sugli spalti dei quali, NESSUNO, ha preso cappello e cappotto e per lo sdegno ha sacrificato il soldo del biglietto a dimostrare protesta e disapprovazione per quello striscione.

Ed eccoci al punto; il fatto stesso di quei comportamenti appena su riportati è la conferma MIGLIORE della mia presunzione: “ SIAMO TALMENTE MIGLIORI DI QUELLO CHE NOI STESSI DIMOSTRIAMO E CREDIAMO D’ESSERE che basterebbe poco per rendercene conto ed esserlo; il fatto è che siamo troppo stupidi e attesi ad altro, condizionati da altro, sperduti in altro da sacrificare il SOLDO DEL VIAGGIO DELLA VITA per acquistarne un biglietto ad occupare un posto migliore ed elevare, così, il tutto ad un costo, in fondo, miserrimo o al prezzo di un piccolo sacrificio. Ah!, se solo il “ meditate gente … meditate! “ non fosse stato reso inutile e banale da uno …

squallido e miserabile, abbrutente spot pubblicitario.