Tempo da lupi, streghe, fantasmi e … politici!. - di Claudia Petrazzuolo

19.12.2012 08:49

C’è una nebbia fuori di casa che la si può tagliare con il coltello. Dall’uscio di casa al cancello sulla strada non ci sono più di 15 metri eppure, fatto un passo, si ha l’impressione di perdersi nel nulla. Chiunque sia mai andato per mare, che fosse una di quelle splendide mattine estive o una di quelle tenebrose giornate invernali, e si sia trovato immerso improvvisamente in una coltre di nebbia, conosce quanto disperante sia quel senso di isolamento che si prova; quasi ancestrale il bisogno e l’urgenza di guardare al cielo per ritrovare una stella di riferimento o il cercare ansiogeno della bussola a diporto.
Una tempesta d’acqua, di neve o peggio di grandine sono manifestazioni della natura che per quanto violente e distruttrici hanno nel loro decorrere insita la loro stessa fine; si cerca un riparo pur che sia, ci si copre, si scappa a volte anche terrorizzati sapendo, però e comunque, che il tutto ha una sua durata temporale e che prima o poi finirà. La nebbia no!. La nebbia non ha dimensione di spazio e di tempo, attutisce i rumori, assopisce i sensi, induce negli animi la solitudine, la cecità fisica e spirituale, il senso di impotenza e l’ansia del prossimo passo del quale non puoi più fidarti perché esso stesso foriero di possibili, irrimediabili, imprevedibili conseguenze. Oh!, anche la nebbia, come ogni cosa, prima o poi sparisce, ma nel frattempo ti annichilisce soprattutto nella autostima e nella capacità d’agire.
“ Chist’ è ‘o paese do sole … “ cantavano nei tempi passati e per le strade del mondo per le strade del mondo quegli italiani lontani dalle loro case e quegli tra gli stranieri che, tutti com’erano, innamorati dell’Italia, della sua storia, delle sue bellezze naturali, della sua cultura e delle sue tradizioni ambivano tornarci o ritornarci. Quando e cosa sia successo perché il paese dei santi dei poeti dei navigatori e dei geni sia diventato un porto delle nebbie in mano a saltimbanchi, bari, ladri e prostitute non si riesce a determinare. Da quando succede che l’arte di arrangiarsi da simpatica e furbesca caratteristica regionale è diventata urgente necessità di un popolo sempre più afflitto dal bisogno e da una povertà incivile indotta dalla furbizia e dall’abuso, dall’arroganza del potente innalzatosi al rango di semidio, dall’inciucio e dall’intrallazzo sostituitosi alla dignità ed al decoro …, da quand’è?
Affacciatevi alle finestre delle vostre case ed a quelle virtuali della vostra ragione e delle vostre anime, lasciate che i fuochi spontanei che ardono attorno al vostro sdegno ed ai vostri sacrosanti bisogni divampino nell’intorno riscaldandolo e riscaldandovi, lasciate che il loro calore avvampi l’aria e poco a poco diradi questa nebbia fitta che ci ottunde e rende schiavi liberti della rassegnazione proni a quella che crediamo essere l’ineluttabilità del divenire quotidiano … decidiamo tutti insieme di respirare a pieni polmoni la capacità convinta e non stupida di essere padroni di noi stessi, delle nostre speranze e del nostro futuro … usciamo in questa melmosa nebbia politica armati di torce e fiaccole fiammeggianti e spazziamo via quel fumus non più tollerabile della inettitudine e dell’ignavia di chi noi abbiamo eletti a ruoli troppo alti da essere occupati da persone indegne ed incapaci …
oppure
chiudiamoci nelle nostre case ad aspettare che ogni ultimo nuovo vampiro venga a succhiarci quel poco di sangue che ancora circola in NOI