… tu chiamale se vuoi … - di Francesco Briganti

08.11.2015 11:48

Sembra quasi che piova!. Sagome nere appaiono e scompaiono lungo i margini della strada quasi fossero fantasmi di halloween dimenticati dalla stupidità di una festa inutile; più in là dove la coltre ovattata è più fitta, sagome più grosse e scure e massicce rimandano ad un’epoca antica: ognuna, quasi castello medievale, mostra il suo aspetto, difensivo, ma fugace, nel mentre che cerchi di orientare la vertigine che coglie a camminare nella nebbia fitta. Come molliche di pane a ricordare la via del ritorno soli artificiali, distanziati ed appena visibili al passo incerto ed improvvisamente timoroso, guidano verso quel porto sicuro, da cui temerario sei uscito nel buio come d’abitudine.

Scalpitare invisibili come compagni per qualche tratto mnemonico; latrare dubbiosi, curiosi e, comunque, di avvertimento lasciano capire che sei stato in qualche modo “radarizzato”, ti seguono per quanto si allontanino alle tue spalle nel mentre che il nulla attende i tuoi prossimi passi. “ … qui dovrebbe esserci la stalla del Marchini … “ pensi scrutando senza successo; aguzzi l’udito per carpirne i muggiti, dilati le narici per sentirne l’odore, ecciti il tuo insieme per avvertirne la presenza: tutto tace o nulla penetra la coltre lattiginosa che comincia appena un po’ più in là del tuo naso. Un giallo, doppio e anemico, ha voglia di precedere quel rombo di sottofondo in avvicinamento; scarti sull’erba ad evitare il mezzo corazzato che lo genera; di certo non ti ha visto!.

Incrociamo i nostri occhi per un secondo accoppiando la sua sorpresa ed il mio timore di essere investito. Sciocco io due volte, ad essere uscito ed a non aver indosso un giubbotto di salvataggio.

L’umidità sale dallo stretto canale a fiancheggiare il percorso e penetra le vesti quasi per uno ius soli a renderla padrona indiscussa dell’ogni dove e di ogni cosa. Le lenti si appannano senza tregua tanto che non vale e non serve nettarle in continuazione. Le tolgo!. Annaspo nella mia astigmatica miopia certo che peggio non potrei vedere dato che a guardare neanche se ne parla. Sono le scarpe e la memoria le bussole storiche a disegnare la rotta. “ … dovrei essere all’allevamento dei cani … ma c’era una curva prima, possibile io l’abbia fatta senza accorgermene? “. Rallento, mi fermo tra lo sperduto e l’esploratore, cerco segnali di riconoscimento, punti di riferimento che mi diano una qualche certezza “ … porco ca…!, dov’è che ho sbagliato?! … “; ma a qualche centimetro da me la furia improvvisa di un bastardone maledetto, quale che sia la sua razza, scatena la mia paura inconscia assordandomi all’improvviso al di là di una rete invisibile e, finalmente girato dalla sua parte, riesco ad intravedere la cima dell’assurda pala al vento a tentare qualche timido giro in attesa di aliti più convinti e decisi. Il vaffanculo al cane è quasi un ringraziamento più che un invito stellato!.

“ Uscir nella brughiera di mattina dove non si vede ad un passo per ritrovar se stesso … “. Fantasma tra i fantasmi, Lucio continua a tenermi per mano nel mio andare “ … Domandarsi perché quando cade la tristezza in fondo al cuore come la neve non fa rumore … “; e si attenua quel bisogno di solitudine e quella infinita amarezza per un mondo che non è il tuo: qui non ci sono pescatori da disturbare e non c’è alcun soggetto possibile da prendere a pugni eppure, nel mio cuore, quella tristissima neve continua a calare persistente e lenta, odiosamente lenta, facendo un rumore insopportabile conscia che neanche guidando a fari spenti nella notte sei riuscito a spaventarla.

Lontanissimo un campanile batte le sue sei scampanate, vorrebbe essere festoso, è domenica, cazzo!, il mondo riposa e sorride!.

Riposa dal tedio immenso di chi fa senza costruire nulla, dal sorriso ebete che dipinge i volti, che ghigna il mio volto, ogni volta che ritorno a ciò che poteva essere, ai sogni, alle speranze, al tempo che passa e si ammanta di nebbia non appena alle spalle e, sconfitto, senti prepotente la voglia, al prossimo rombo, di non spostarti ed attendere l’ultimo secondo.

Si attarda il cuore mentre si allarga, quasi d’incanto, l’inter poderale. E’ l'anima vede senza vederlo,prossimo l’incrocio che da Chiodo mi riporterà a Forone. Le mie scarpe e la bussola mnemonica hanno i loro dictat precisi e se ne fottono di emozioni e sentimenti; non hanno il cuore pesante e non sentono la voglia dell’infinito: hanno un compito preciso e lo eseguono: tornano verso casa comunque ed a prescindere.

“ … se vuoi una destinazione diversa, sappi, che non sarà mai per caso e sappi che sarà solo a suo tempo; sappi che dovrai scegliertela per paura o per coraggio, giacché la tua ultima dea non è così magnanima da accontentare la tua stanchezza. " Ed allora continui …

nella nebbia e verso casa!.