… tutto il resto è noia … - di Francesco Briganti

26.03.2015 08:56

Mi incazzavo come un animale feroce alle prese con una trappola umana quando, nei talkshow, vedevo quelle sinistre figure di forzaitalia scuotere la testa ogni volta che si sentivano o si rendevano conto di essere inquadrati. Mi facevano letteralmente schifo nel loro sforzo evidentissimo di restare seri e corrucciati nel mentre avrebbero voluto sganasciarsi dal ridere alle battute di Crozza sul loro profeta nano; li odiavo a morte in quei momenti di assurda arrampicata sugli specchi quando loro toccava negare verità evidenti o quando dovevano costruire ragioni perlomeno plausibili a leggi ad personam, a decreti truffa, a provvedimenti attesi alla sodomia del popolo italiano.

La cosa mi mortificava tanto quanto fossi stato io al loro posto.

Caduto il piccolo padre seppellito dalla sua stessa immoralità e disonestà giudicata tale da un tribunale con sentenza definitiva io pensai che la cosa mai più si sarebbe ripetuta. Credetti che, essendo il panorama politico molto ben definito tra sostenitori ed oppositori del più alto che politico, chi ne avesse avuto schifo e riprovazione, sostituendolo si sarebbe comportato in modo diverso; avrebbe ottemperato alle contro riforme, avrebbe avuto una pudicizia operandi se non altro manifesta quando anche non fosse stata sostanziale. Poi venne Monti, acclamato come il salvatore della patria, ed un certo contegno formale fu ristabilito; la qualifica di tecnici dei suoi esecutori dava loro un aplomb da esperti con la puzza sotto il naso, per quanto la loro azione non fosse che di proseguimento e completamento di quella di chi li aveva preceduti.

Quindi un presidente divenne re; nominò in Letta il proprio governatore e questi nominò i propri esecutori scegliendoli anche tra gli scuotitori di testa e così, quella pessima abitudine ricominciò a tessere i propri dinieghi nei confronti di tutto ciò che si doveva comunque difendere a prescindere della validità, della concretezza e delle esigenze di un popolo che scendeva un ulteriore gradino democratico e si spingeva a profondità apneiche fin lì non ancora raggiunte. Nel frattempo un Masaniello in sedicesima cominciava a gridare le proprie rimostranze parlando a favore di un popolo che, irretito come al solito da un sempiterno pagliaccio urlante, in fittizie primarie di partito gli regalava un consenso che mai più egli avrebbe sperato anche se, si era premunito per la vittoria aprendo a quinte colonne di tutt’altra origine e convinzione.

E fu così che il “fratelliditalia” venne sostituito nel inno nazionale da uno “staisereno” divenuto, man mano che passavano i giorni, i provvedimenti, i decreti e leggi proposte, fatte ed in fieri, la pietra tombale sempre più calata sulle vestigia ultime di quella che al tempo del proporzionale puro era una democrazia. Il Masaniello violamente gigliato divenne vicerè e quarta carica dello stato; cominciò a fottersene delle prime tre nel mentre esatto che si fotteva quel ottanta percento di italiani che, per una ragione e o per l’altra, mai gli avrebbero dato il proprio consenso. Il gigliato rivoluzionario, però, seppe profittare di quel misero consenso avuto in una celebrazione a sancire l’esistenza di una Europa mal voluta da tutti, compresi quelli che volevano uscirne e che per farlo ne accettavano i seggi e le prebende lussemburghesi.

Che volete farci è la politica del “ … non mi piace e per dimostrarlo entro nel sistema succedesse mai che …”.

E così siamo di nuovo ai “talcsciò”; siamo di nuovo a diatribe televisive dove si sciorina, come sempre, il tutto ed il contrario di tutto senza che nessuno stabilisca mai un punto preciso in ragione del quale ci sia sicuramente chi ha ragione e chi ha torto; siamo di nuovo a dei protagonisti che per esigenze sceniche, approvano o disapprovano con cenni della testa non appena hanno il segnale di intesa che li avverte di una inquadratura; assistiamo di nuovo a scontri verbali nemmeno apparentemente disgiunti da copule materiali e sadomaso; ci rappresentano, senza alcun timore di una vendetta salvifica, il teatrino della quotidiana presa per il culo espressamente dedicata ai soliti noti, tutti rivoluzionari alla ”Che” se presi in massa, pedissequi ciarlatani del “ amechemifrega” quando presi fossero uno ad uno.

E’ una generale sorta di rappresentazione del “teatro del no” mai sia intesa come espressione dell’arte letteraria giapponese ma, e piuttosto, come libera interpretazione di ogni controsenso e non senso …

è l’Italietta, amici belli, solo la solita, squallida, degli italioti, Italietta!.