Una sedia a quattro gambe … di Francesco Briganti

25.08.2013 10:17

In politica come nelle vicende di ogni giorno non esiste una realtà oggettiva, né una verità che tale si posa dirsi, ne una strategia, un progetto, un fine cui tutti si possa tendere. Oh!, attenzione, tale affermazione, ed eccone un esempio, non ha un valore assoluto; infatti, e per dirimere da subito la questione, la verità è sempre una sola: bianco o nero, negativo o positivo, colpevole o innocente; e, questo, solo per citare alcune tra le ipotesi possibili. La stessa ambivalenza si ha nei confronti di una strategia, di un progetto, di un fine; ma ad ognuno di questi termini bisogna poi applicare la teoria della relatività di Einstein e la qual cosa tradotta in italiano corrente significa che ad ognuno di noi è concesso considerare ogni particolare ed il loro insieme partendo da un angolo di visuale personale influenzabile dal proprio soggettivo e/o collettivo e ci è dato, abbiamo preteso ed ottenuto, di puntare ad un fine, a parole condiviso, ma ciascuno seguendo la propria personale sfaccettatura di progetto o di strategia : il risultato è che tra il bianco ed il nero non vi sono altri colori, ma solo infinite sfaccettature di grigio. In senso molto lato questa è una parafrasi molto sintetica della “democrazia Italia”. Parlarne in funzione delle nostre alte sfere non ha senso, non lo ha più e per il semplice motivo che da tempo lor signori, destrorsi, centristi, sinistrorsi e grillarini, hanno stabilito che le loro verità, strategie, progetti e fini, e lo hanno fatto tutti!, sono insindacabili e si accettano o si rifiutano per cui sorvolo sui soliti argomenti e mi soffermo invece su alcuni aspetti della vita comune. Occupiamoci quindi della questione crisi economica di una famiglia qualunque. In una casa dove prima si lavorava in due adesso troviamo un esodato ed una precaria, ma scegliete pure liberamente la combinazione che preferite, l’introito comune è inferiore alla metà del precedente, ma le spese sono rimaste le stesse: in questa situazione si trovano migliaia, forse milioni, di famiglie eppure, pur essendo l’obiettivo minimo quello della sopravvivenza e la strategia per raggiungerlo comune a tutte, ciascuna di quelle famiglie agirà in modo differente. Ci sarà chi manterrà sino all’inverosimile gli impegni presi alla fine saltando i pasti, sacrificando sé stessa in ogni esigenza anche solo necessaria, soffocherà la giovanile esuberanza filiale per terminare ai bordi di un mercato rionale o ai piedi di un bidone della spazzatura e chi, tracciata una linea di confine che circondi e salvi il gruppo comincerà a dire no a tutto il resto. Tra i primi ci possono essere quelli che ad un certo punto si danno fuoco o si sparano e tra i secondi ci sono quelli che: “… mi hanno tagliato l’acqua” o “non ho i soldi per i libri dei ragazzi” o le scarpe o il cappoto o il mutuo o il fitto o “chessoio” entrambi però accettano come immutabile una situazione ogni giorno di un grigio più scuro che però non arriva mai, per tutti ed allo stesso momento, a quel nero pece che poi determina il singolo colpo di pistola alla tempia o il cerino a dare alle fiamme un corpo la cui anima è stata già uccisa dalla indignazione verso sé stessa e figlia di una disperata solitudine sociale. Possiamo immaginare il nostro paese come una sedia da tinello; una sedia di quelle classiche non postmoderne e che abbia quindi le normali quattro gambe: il sedile figuriamocelo come l’insieme dell’azienda Italia, la spalliera che dovrà raccordarsi con il resto dell’arredamento come la convenzione Europa e poi le quattro gambe. Di esse: una è il popolo sostegno fondamentale così come la classe politica, altra gamba, il governo e le istituzioni in quanto tali a completare il quartetto. Quando una delle gambe zoppica la sedia diventa instabile, quando a zoppicare sono due o più gambe la sedia traballa, quando, infine, ognuna delle gambe ha una lunghezza diversa la sedia è inservibile; il sedile diventa inutile e la spalliera per quanto imperfetta armonia con il resto finisce per essere più un fastidio che un vanto. A questo punto è facile immaginare che partendo dalla gamba popolo sia necessario uniformare ad essa dapprima la spalliera, poi quella delle istituzioni, poi quella dei politici ed infine quella del governo: Voglio dire che il bene comune, il VERO BENE DEL PAESE INTESO NON COME LANDA GEOGRAFICA, MA COME INSIEME DELLE PERSONE CHE LA VIVONO, deve partire dalla misura, dalla condizione generale, dallo stato di conservazione della gamba popolo perché è sotto gli occhi di tutti che è un assurdo sociale avere una sedia Luigi XVI con nella posizione della gamba popolo un ceppo grezzo di legno per gamba. Dunque, questo dovrebbe essere l’obiettivo univoco non soggetto a valutazioni soggettive personali o di un collettivo di parte, quale che fosse o comunque posizionato: garantire una uniformità dell’arcobaleno generale di modo che, pur nel caleidoscopio di colori presenti, ognuno di essi avesse la dignità del massimo fulgore ed evidenza possibile. Alla Gamba Popolo si armonizzerà quella istituzionale, poi quella politica ed infine quella governativa e quella sedia imporrà o armonizzera lo stille della propria spalliera all’arredamento semplicemente partendo dalla forza del proprio essere unica perché vera e unitaria. La gamba popolo deve capire che non esiste un falegname che dall’esterno può agire in tal senso perche egli non farebbe altro che plasmarla secondo la propria tonalità di grigio e deve, perciò e come unica soluzione, decidersi a fare da sé, intervenendo venatura per venatura sino a rendere l’insieme capace di riconoscere e riconoscersi e in un ordine preciso ciascuna delle altre gambe o finire prima o poi, inutile ed inservibile, in un deposito di “robevecchie” o, peggio ancora, come sola legna da ardere.