… vecchio!, ti chiameranno vecchio … - di Francesco Briganti

04.04.2016 09:50

… una custodia, grossa, goffa, vintage … vecchia, a custodire un tesoro bello, dolce, imprevedibile; perché domani non è un altro giorno, ma è solo il sunto totale di un dio improvvido e burlone …
si voglia o non si voglia: comunque, ovunque e per chiunque!.

… vecchio!, ti chiameranno vecchio …

Camminava; il vento sul viso a scarnire le rughe d’espressione radicate e giovani sulla pelle liscia dei suoi mille anni di età concentrati in pochi decenni di storia.

La sabbia sotto le suole scricchiolava passiva ad ogni calpestio mentre la risacca, di onde più giocose che arrabbiate, cantava ripetitiva e fragorosa una melodia diversa ad ogni istante. Aveva attraversato le dune spinto da una voglia improvvisa di libertà. Quella smania assoluta di spazio che, visto da lontano, quel mare impetuoso gli aveva ispirato: ne aveva assaporato il profumo di iodio lasciando che l’aria, invernale e fredda, entrasse a valanga dal finestrino abbassato contro ogni logica ragionata di un corpo, vieppiù intirizzito al passare dei secondi.

In sincrono al canto di nascoste sirene, conosciuto ed antico, lo stupore delle stelle dallo spazio profondo giungeva tenue a sfidare il nero di una sera inoltrata che, già stanca di lampioni e fari ad apparire e sparire, sembrava chiedesse aiuto all’algido luccichio per illuminare quel che ai propri occhi sentiva essere come un immenso sepolcro .

Imboccò un sentiero improvviso a dividere due pini marini inoltrandosi tra la macchia a raggiungere quella distesa sabbiosa ultimo baluardo al mare incombente. Le ruote anteriori insabbiate e stanche, disperate di poterne uscire, ferme di fronte all’orizzonte senza colori e luci a dichiararne l’esistenza.

Folate improvvise e ripetutamente fedeli a sé stesse scuotevano l’intorno quasi residuo assestamento di un terremoto appena finito; cespugli di gariga spinosa, a nascere tra le pietre, si alternavano al rosmarino odoroso mentre quei pini agitavano un ombrello di foglie, nero e più scuro del nero del tutto. Appena visibili, le nuvole nel cielo mostravano l’indecisione di una pioggia, forse imminente, nel ricorrersi perse ad una destinazione sconosciuta e lontana. Il ritornello speciale cantato sulla battigia mischiava al suono l’odore e le visioni delle migliaia di storie di mare: scese verso di esse lasciandosi alle spalle l’auto a chiedersi se sarebbe tornato.

Contando ogni passo, metro dopo metro, giunse a farsi lambire le suole da un’onda capricciosa e stizzita dall’arrivo del nuovo venuto; un gabbiano curioso volse il becco a guardarlo mentre, smarrito, arrancava scansando pozzanghere improvvise, poi scosse le ali indifferente per spiccare un volo impennato per ridiscendere al suo culmine in picchiata su una vittima ignara, ultimo e designato boccone, di una giornata finita per entrambi.
Mentre preda e predatore assolvevano al destino loro assegnato, l’uomo continuò ad andare lungo il bagnasciuga incurante di piedi in scarpe ad ogni centimetro sempre più zuppe.

“ … ma tu …? “ la domanda, gioco e segreto tra due persone, in fine, perdute l’una dell’altra, si ripeteva costante tra i suoi pensieri assaporando la risposta istintiva che, automatica, sgorgava ogni volta sulle labbra prima ancora di essere formulata in pensiero: il “ … si!, anche io …” passato presente e futuro era lapalissiano quale che fosse il modo estemporaneo e sempre diverso con cui veniva espresso e proferito e, quali che fossero le condizioni o le situazioni: lo stare insieme ed assieme era indipendente dalla presenza fisica e contemporanea di ciascuno dei due; ognuno, comunque, sempre più atteso a vivere di stadi, presenze e svolgersi il cui disposto era sì alieno eppure familiare a quello dell’altro.

Rade lacrime celesti cominciarono a butterare la sabbia compattata dalla marea lentamente a salire; il mare ingrossava ad ogni soffio successivo al soffio del ponente cercando di carpirne quei passi sicuri, eppure indecisi nel loro prevedere l’onda per poi cercar di raggiungerla subito dopo. I capelli scompigliati ed appiccicosi di sale tremavano di un sabba ingovernato dalla agitazione esterna ed interna incuranti dello sguardo bruciante di occhi a distinguere contorni confusi.

“ Un giorno io me ne andrò! ...”

pensò mentre un rombo sordo e minaccioso seguiva al lampo di un fulmine impietoso a squarciare ogni cosa dell’ orizzonte lontano,

“… in un paradiso simile finirò la mia vita attendendo la caleidoscopica compagna di un passato dolce e melanconico, padre di un prosieguo sconosciuto e non più temuto; resterò seduto su di uno scoglio a guardare il mare mentre il sole, vecchio sodale d’avventure, mi concerà una pelle scurita ed arsa dal sale e dal tempo fino a che la sentirò arrivare e sorridendo la accoglierò felice di aver coronato il senso di una vita … “.

Guardò distrattamente la punta delle scarpe oramai fradice di mare e ricoperte di quella sabbia, polvere fine di una lava di tempi ancestrali e genetici

“ … e tu non sarai con me … o si?…?! ”

cadde il pensiero conscio di una realtà immanente al di là di ogni sogno o irrealizzabile speranza.

Improvvisamente intristito e stizzito volse la schiena al mare quasi a sfidarne la rabbia crescente e avvelenata dal maestrale sfuggito all’otre di un Eolo ruffiano ad invogliarne la lussuriosa copula con la rena.
In lontananza i fari dell’auto, lasciati accesi a disprezzo o a memoria del tempo che fugge, intenti a squarciare un cielo sempre più nero e scontroso, sembravano affievolirsi all’unisono con la voglia di futuro attesa ad un presente ad accadere.

Batté i piedi per terra e scrollando qualche inutile granello di rena, si avviò verso la strada dimentico dei propri pensieri schiavi di una mente troppo assuefatta all’ineluttabilità delle cose; liberti sempre più spesso a sentirsi partecipi più comparse che protagonisti: partirono … per la tangente automatica di chi guida da sempre.

Il rombo dell’auto a sfuggire la morsa della sabbia si confuse al tuono improvviso, così, insieme a tacitare le infinite sirene che dal mare l’avevano chiamato …

e la strada riprende a correre sotto le ruote.