… venere, ad un dito dalla luna … - di Francesco Briganti

10.09.2015 09:33

Chi fosse mai stato davanti al fuoco di un camino, chi si fosse almeno una volta perso nel guardare le onde ad inseguirsi su di un bagnasciuga, chi avesse lasciato gli occhi su di un'alba non può non dirsi persona fortunata. Colui che avesse assistito all’improvviso saettare di una lingua di fuoco, allo scoppio di un ceppo morente, alla luce intesa di una favilla a scappar via verso il cielo; colui che avesse guardato un maroso violentare il precedente, una scia di schiuma diventare rabbiosa per poi rasserenarsi e lentamente scomparire per ricomparire solo poco più in là o più in qua, l’accavallarsi su stessa di una striscia d’acqua dalla forza compressa; colui che avesse guardato il nero della notte virare verso il blu profondo, mutare nell’azzurro più cupo, migrare verso un celeste gioioso e, in fine, assumere quel bianco caldo, per quanto freddo possa fare, di un sole nascente, quel colui ha, possiede, è padrone, netto, del fluire nei neuroni, dell’incrociarsi delle sinapsi, del nascere, crescere e sparire di ogni singolo pensiero.

E’ la vita!. E’ un susseguirsi di battiti cardiaci, un rincorrersi di respiri involontari e sempre nuovi, uno scorrere di globuli a trasportare ossigeno, un moltiplicarsi e poi morire di cellule, un evolversi verso una vecchiaia di stato che nulla mai potrà fermare se non quell’orologio biologico la cui sveglia è, per ognuno, insindacabile e non procrastinabile.

La vita sarebbe quanto di più squallido e meccanico possibile se non ci fosse quel moto perpetuo che è la genesi “a pensare” di un cervello, se non fosse per quel piacere immenso che si prova quando ci si rende conto di esistere, di avere altre esistenze intorno, di ESSERE, comunque ed a prescindere, ciascuno per sé, il centro dell’universo nel preciso istante in cui quel “ IO PENSO “ diventa coscienza e non è più solo abitudine riflessa come davanti ad uno specchio sporco incrinato da induzioni, condizionamenti, subornazioni subdole, subliminali o palesi che fossero.

La Luna è il satellite della Terra e Venere è il secondo pianeta dal Sole, distanze in milioni di chilometri separano l’uno dagli altri, eppure, se si guarda in su verso il cielo, negli istanti a precedere quel bianco a trasformarsi in arancione, satellite e pianeta sono tra loro non più lontani dello spazio di un dito.

Brillano, eguali, di una luce quasi fastidiosa per quanto è intensa; sembrano scappare in coppia, quasi Coppi e Bartali, verso quell’ovest che li attende stanco di una giornata a finire; annunciano e salutano il buon giorno mattutino al riposato, all’insonne, a chi ha sognato, a chi comincia ed a chi rientra da un turno di lavoro. Pianeta e satellite, diversi tra loro, lontani abissi di spazio e di tempo, svolgono accomunati la funzione stabilita per loro eoni di anni or sono stamattina.

Così l’uomo, la donna, il vecchio ed il giovane; il bianco, il nero, il giallo ed il pellerossa; l’europeo, l’americano, l’asiatico e l’africano; il cristiano, il mussulmano, il buddista, l’animista e lo scintoista; l’etero, l’omo, il normale e l’anormale quando fosse possibile stabilire un gradiente di normalità oggettivo e non figlio di una qualsiasi maggioranza; così l’autoctono, lo straniero e persino l’alieno se arrivasse: tutti ed ognuno espressione squallida e meccanica di un iter universale se non fosse per quel soffio divino che rende un scambio elettrico fonte del pensiero, dell’autocoscienza, del piacere immenso di accorgersi di essere vivi e presenti proprio a quell’universo, per quanto infinito esso possa essere.

La Danimarca chiude agli stranieri; i Salvini, le Meloni, i Renzi e tanti come loro a discriminare, a creare lager ed a perpetuare esclusioni e persecuzioni; partiti e movimenti che nascono per escludere e mai per unire; interessi che prevalgono su quello generale; il privato sul pubblico, l’egoismo sull’amore, la parola sul concetto, lo slogan sull’argomento, l’insulto sul dialogo, il soliloquio sul colloquio, in un susseguirsi meccanico e squallido che non tiene più conto delle fiammelle improvvise, della schiuma a sparire e ricomparire, del nero che si trasforma in blu e non sente più sulla pelle il calore di quell’arancione diventato, oramai quasi per tutti e spesso per ognuno …

solo un colore spento ed ingrigito.