Venti di guerra … - di Francesco Briganti

20.08.2013 19:45

Riva del Garda ridente cittadina a forte impronta turistica sulle rive del lago. Prezzi per gente danarosa, svaghi di più generi, boutiques, ristoranti, spiagge attrezzate e, qualche anno fa, due caserme: una del genio e l’altra di artiglieria. Una polveriera in comune con un servizio di guardia alternativo tra i due corpi militari. Non so oggi come usi nell’esercito, ma a quei tempi, soleva all’improvviso, di notte per lo più, suonare l’allarme generale e nel giro di qualche minuto, dai tre ai cinque al massimo, ci si doveva trovare affardellati di tutto punto, zaino, fucile, il Garand M1, pistola, una 7,65 Nato, mimetica ed anfibi, e pronti ad ogni evenienza. A volte si stava per ore dislocati nei vari punti della caserma a guardia ed in inutile attesa, altre volte nel giro di pochi minuti suonava il “cessato allarme” e si ritornava tutti in branda; altre volte nel corso della stessa notte l’allarme suonava e cessava più volte, tanto che alcuni avevano preso l’abitudine di dormire già pronti. Era il periodo dell’”austerity”, della circolazione a targhe alterne, di una crisi, che in questo paese è perenne, ma di cui nessuno si ricorda mai, se non per il presente quotidiano, non essendoci in uso l’esercizio della memoria storica e del “facciamone esperienza”. Una mattina, all’ennesimo allarme, fummo arringati dal comandante in campo, circa le disastrate condizioni del paese, intorno alla necessità di fare gli interessi della patria, il difenderne i confini ed, infine, l’ardimentoso compito di andare a “prenderci”, fu questo il termine usato, il petrolio agli arabi. Fummo caricati su dei camion e ci perdemmo per tre giorni in giri senza costrutto. Credo di poter dire che quella che divenne, poi, una esercitazione, fosse, però, partita con altre e diverse finalità, anche perché la nostra dislocazione non fu mai troppo lontana da questo o quell’aeroporto. 2013. Italia. Oggi. L’allarme è sempre in funzione. Una volta suona per lo spread; una volta per l’emergenza lavoro; un’altra per la difesa dei diritti civili; e poi per la sanità, per la giustizia, per una crescita che, mai avvenuta, rende questa nazione la più rachitica possibile; o anche, a ciclo ricorrente, per questa o quella figura istituzionale che, improvvidamente, spara a nove colonne la propria cazzata esistenziale di cui non si capisce l’origine e tanto meno il fine. E’ obsoleto, poi, parlare delle caratteristiche del Signor Berlusconi che ha fatto dei propri vizi, crimini ed affari una questione di stato. Noi Italiani, abbiamo oramai fatto come quei commilitoni di cui sopra e, quindi, da tempo, andiamo a dormire già preparati. Il nostro zaino è pieno di continue mortificazioni e frustrazioni e le nostre armi sono la pazienza e la sopportazione e la rassegnazione; la nostra mimetica è data da quel sorriso perenne da ebeti soddisfatti del fatto che possiamo, in prima o per interposta persona, urlare ai quattro venti la nostra rabbia e il nostro grido di battaglia il quale, mai e poi mai, risuonerà su di un campo reale di una rivalsa sociale; abbiamo ai piedi quegli anfibi, calzati i quali, da anni camminiamo per quei sentieri impervi della disoccupazione, della precarietà, dell’affiliazione masochistica ad una classe dirigente che, qualora vedesse eletti solo dei santi, si trasforma sempre, tutta, comunque ed ex abrupto, in una masnada di abbuffini, di egoisti e di ciarlatani. Il tempo passa e tutto si trasforma affinché nulla cambi. Il governo regge, ma traballa; i partiti traballano, ma reggono; il presidente cogita e traballa e regge ancora perché non siamo stati capaci ad eleggerne un altro diverso e meno vibrante e fermo; e si regge il paese mentre tutto traballa. Infondo, sia come sia, non c’è da meravigliarsi, siamo o no un paese sismicamente attivo?. E vuoi vedere che, prima o poi, all’ennesimo ultimo in ordine di tempo allarme, magari in seguito ad una scossa un po’ più forte, ci caricheranno tutti su dei camion?. Da quel momento in poi la preoccupazione, unica e vera, sarà sul dove e per quanto tempo ci porteranno …