… via col vento … - di Francesco Briganti

25.09.2013 08:53

Io morirò; tutti, prima o poi, moriremo!. Che ci sia o no un’altra vita dopo non è dato di saperlo: è una questione di fede che attiene a ciascuno, ma è un dato di fatto che non è dato di saperlo. Ricordo che quand’ero un bimbo, precoce per l’età che avevo, sei o sette anni, ogni tanto mi soffermavo a pensare a come avrei voluto essere da grande; un giorno, ricordo perfettamente questo particolare, salivo in ascensore vero casa mia quando di punto in bianco feci un patto con il Padreterno: avrei vissuto centocinque anni e non sarei stato più basso di un metro e ottanta. Era un patto unilaterale perché non mi pare ci fosse contropartita richiesta, ma da quel momento in poi la convinzione derivatami non è più andata via. Ad oggi ho sessantuno anni e sono alto un metro e novantuno pur essendo figlio di genitori con una altezza nella media nazionale. Ho sperimentato, durante questi anni, quanta valenza avesse quel patto; più e più volte e per cause diverse ho guardato negli occhi la signora con la falce, ma ogni volta la sua è stata un’apparizione fuggevole e di sola presenza mnemonica:” … ricordati che …”; come quella volta che i palmi delle mie mani frenarono una caduta rovinosa lungo una parete di tufo a precipizio sugli scogli o come quell’altra che, paralizzato dalla paura, su di un binario del treno ne scampai solo un attimo prima di esserne travolto; potete credermi, di esempi, però, potrei portarne a decine. Mi capita di sapere alcune cose. Sapere è in realtà un termine sbagliato, è come e avessi un campanellino che di tanto in tanto comincia a suonare e mi avverte che c’è qualcosa di strano nell’aria: i sensi si aguzzano, lo sguardo vede oltre che guardare, le orecchie ascoltano questo o quel particolare senza smettere di sentire l’intorno ed all’improvviso come un flash ed ecco che io so da quale direzione o da chi devo guardarmi. Avverto pensieri. Nell’ambito di una discussione o di un semplice colloquio o nel bel mezzo di un chiacchiericcio indistinto ecco che nella mia testa si fa largo una particolare considerazione, un commento del tutto estraneo ai miei pensieri, magari incoerente con quello che sto facendo o dicendo, ed ecco che allora comincio a guardarmi in giro fino a che non credo di averne individuato la fonte: molto spesso ci azzecco. Nella mia vita ho fatto molte cose: sono un tipo eclettico, adattabile, buon parlatore, ho imparato ad esserlo, ed ho un curriculum vitae di cui sono fiero. Per mia fortuna, no!, per mia scelta sono uno che non si arrende mai. Ero, ma forse lo sono ancora, un timido della peggiore risma; avevo vergogna della mia ombra e una vigliaccheria innaturale mi deprimeva oltre la possibile esistenza stessa fino a che, essendomi accorto di soffrire comunque, non ho provato a ribellarmi a me stesso e, facendolo, ho cambiato, letteralmente dalla sera alla mattina, forse non la meta di arrivo, ma sicuramente la strada per arrivarci. Ho fatto esperienza degli altri; ho avuto addestramenti più che insegnamenti su cose di cui, nella vita civile, si può tranquillamente fare a meno, ma che nella giungla della realtà quotidiana dovrebbero essere materia di studio per tutti: dal sapersi difendere al saper attaccare; dalla fedeltà per il compagno alla crudeltà verso chi ti ostacola o prevarica; dalla disincantata visione degli orizzonti possibili alla poesia di un’alba o di un tramonto; dal coraggio della paura all’amore ed alla passione come senso di esistenza e di appartenenza; insomma quell’insieme di “sentire” che ti inorgoglisce al punto da renderti cosciente del fatto che non sei altro che una parte di un tutto, il quale , però, è tutto dentro di te ed allora la tua vita cambia, il tuo agire cambia, il tuo intorno cambia perché tu sei il mondo ed il mondo è in te: devi proteggerlo e curarlo e salvaguardarlo perché così facendo proteggi, curi salvaguardi te stesso. Sono un pazzo?; sono un tipo speciale?; no!, niente affatto!. Io so, ma allo stesso modo lo sapranno tutti quelli che avranno voglia di soffermarsi a pensare, a parlare con sé stessi, a vedere e ad ascoltare oltre che limitarsi a guardare e sentire, che ciascuno di Noi è fatto così ed ha queste peculiarità particolari; io so che è solo perché ognuno è troppo preso dal contingente quando non riesce rendersene conto, mentre se viceversa le facesse proprie, le assaporasse, le gustasse, queste peculiarità farebbero ritornare ognuno al piacere della vita per la vita. Ed allora, se mai qualcuno è servito a qualcun altro per qualcosa, io sono certo che se anche uno solo di Voi riuscirà a fare il suo personale patto con il proprio soggettivo Padreterno, da quel momento in poi potrà raccontarsi e raccontare, quale che sia il modo ed il mezzo, affinché altri come Lui facciano lo stesso. Tutto il resto, poi, verrà da sé e il domani sarà davvero UN ALTRO GIORNO!.