… via delle corti … - di Francesco Briganti

30.08.2015 08:52

E’ una delle strade che scelgo talvolta di percorrere quando dal ritrovo, mattiniero e domenicale, torno dal far colazione. La percorro in auto, troppo lontano il bar per andarci “pedibus calcantibus”; si srotola tra i campi di mais e di girasoli lasciando spazzi per allegri cavalli a sgambare; ai suoi fianchi lo sguardo vaga, per lunghi tratti senza trovare ostacoli se non macchie di cedui in attesa, ciliegi sparsi, e trattori parimenti precoci a far lavori in lontananza. Ogni tanto qualche vecchio rudere a render memoria di passate appartenenze, qualche torre dell’alta tensione i cui trentamila volts senti sfrigolare se vi porgi l’attenzione e, intera, in fondo e verso est, la vista di Montecarlo a spegnere progressivamente le proprie luci notturne ne segna uno degli orizzonti a sancire l’inizio della provincia di Lucca. E’ una inter poderale in cui il respiro gode nel ossigenare i polmoni così come la vista, l’udito e l’olfatto a registrane spettacoli, suoni e profumi; su di essa si aprono, di tanto in tanto, viottoli d’acciottolato senza sbocchi se non in piccoli agglomerati di case: le corti!.

Corte Questi; corte Quegli; Corte Tizio; corte Caio. Una volta sorta di miniere in cui la classe agiata di un popolo e, perché no?, anche quella media, autoctona, forestiera o addirittura straniera che fosse, cercava tesori nascosti da ristrutturare e da acquistare per compiere il sogno di una seconda casa, di un trasloco ad una vita più paciosa ed agreste, meno stressante di quella del paesone o della città metropolitana; in fondo seguendo quella che da sempre è la regola della economia, se non di altri, italiana: la costruzione ed il mattone come rifugio e, per questo motore, di ogni leva del benessere.

Oggi, a distanza di solo qualche anno, numerosi cartelli di “vendesi” tolgono alla ricerca ogni possibilità di sorpresa: chi si informasse, interessato o solo per conoscenza, vedrebbe l’ammontare delle richieste diminuire con progressione aritmetica direttamente proporzionale al numero delle vendite. Non si realizzano vendite, dunque, il prezzo cala!.
Il rapporto esistente tra prezzo di qualsiasi cosa e le richieste per quella cosa considerata, è uno degli indici più veritieri della salute economica di un paese; non c’è paniere o indice istat più sincero di quel rapporto e l’edilizia ne è l’indicatore degli indicatori.

Checché ne dica il buffone gigliato e tutta la sua cricca di accoliti asserviti e linguacciuti, in ogni senso considerati, “questopaese” non si sta riprendendo e non ha la benché minima idea di quando potrà farlo. Un prospetto diffuso, mi pare, dalla banca Intesa racconta di una diminuzione del 20% circa degli appartenenti alla così detta “classe media” che è scesa dal 57,5 al 38,7 percento della popolazione. All’incirca, e mal contate, dodici milioni di persone, con un reddito compreso tra i milleottocento ed i tremila euro mensili, non arrivano più oltre la terza settimana del mese. Se a queste si aggiungono pensionati, esodati, disoccupati e sottopagati si può, incazzandoci come bestie rabbiose, dire che l’Italia è oramai un paese di poveri ed afflitti.

Per chi, maliziosamente e non, a questo dato volesse aggiungere quello internazionale secondo il quale la classe media tedesca, nello stesso periodo, è aumentata come numero in ragione di una percentuale pari al 18% della popolazione di quel paese, non ci sarebbe da concludere che quella dell’Europa unita è stata una delle più grosse inculate mai ricevute da un popolo. Se poi, ancora, vogliamo anche metterci che nel mentre si strangola la Grecia, si taglia sfacciatamente il debito della fascista Ucraina, quali che fossero le ragioni geopolitiche portate a spiegazione, ecco che si vedrà che il cane non mangia il cane ed il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

L’altro giorno il postino mi ha portato il sollecito del mio comune a che io paghi la TASI; non l’avevo pagata e non la pagherò!.

Ho già avuto modo di esprimere al mio sindaco la considerazione che io ho per colui il quale non è altri che un mero esecutore di ordini, fossero del partito o del governo centrale, e non riesce ad essere l’espressione di coloro che l’hanno votato curandone le esigenze, gli interessi, eseguendone le volontà, risolvendone i problemi, agevolandone la vita. Gli ho chiaramente spiegato, LUI me ne è testimone, che non c’è alcun senso nell’averlo scelto quale rappresentante di sinistra se poi il suo comportamento è pedissequo di leggi destroidi e a tutela dei ricchi, degli agiati e dei benestanti. Sarà, E’, il più onesto e corretto degli amministratori, ma ed a mio parere, è il più ignave dei funzionari e dei politici e con lui tutti quelli come lui.

Anni fa ho scelto di liberarmi da ogni ricatto istituzionale; ho poi scoperto l’articolo 54 del codice penale riguardo allo stato di necessità; dunque io che vivo del mio lavoro, io che se pago le tasse smetto di mangiare, io che se adempio ad ogni balzello tolgo ai miei figli ogni possibilità di vita degna di questo nome, sono in uno stato di necessità e, quindi, non sono punibile al pari di chi uccide in condizione di legittima difesa. Dovremo adire le vie legali per sancire questo principio?. Sappia il mio amico e sindaco Riccardo che lo faremo al costo di spendere in tribunali i soldi di quelle tasse e del sostentamento della mia famiglia.

E’ ora che qualcuno cominci a dire “BASTA” ALLE LEGGI DI QUESTO PAESE DI MERDA; occorre che qualcuno dia l’esempio a chi si professa rivoluzionario senza mai rischiare nulla del proprio; è ora che questi governanti del cazzo, ad ogni livello considerato, capiscano che una fascia tricolore non basta a far di loro degli uomini. Uno stato, un comune, una qualsiasi entità fatta di persone e non di padroni e di schiavi deve considerare come primo principio il rispetto reciproco, se questo manca, se di guerra si tratta e se tra due uno solo è sempre quello a dover essere inculato, allora è meglio che …

quello sia tu e non io!.