… Want to dance with me? - di Francesco Briganti

06.09.2013 17:47

Oggi pomeriggio ero in una discoteca, una di quelle in cui il frastuono, pardon la musica, è di quelle che annichilisce menti già di per sé obnubilate da una di quelle mille ragioni che affliggono l’esistenza dei nostri giovani; solo che, miei compagni di svago non erano ben distinguibili, ma e nel gioco psichedelico delle luci, delle persone strane, indefinite, variamente agghindate; tutta gente spensierata, senza troppe preoccupazioni, responsabilità, ciascuna e tutte dedite al puro, sano, semplice divertimento fine a sé stesso. Erano lì, davanti a me, come ora è l’albero di fichi fuori dalla mia finestra. Si dimenavano al ritmo di una batteria il cui rimbombare continuava uguale come se fosse l’unico suono prevalente nella cacofonia complessiva. Note, mezze parole, brusii, odori, colori, fetori anche arrivavano a folate ai miei occhi ed alle mie orecchie. Un caleidoscopio di corpi in un continuo convulso movimento Si incrociavano, si urtavano, si allacciavano a due a due per poi lasciarsi e riprendersi in un’orgia scatenata di contatti, mezze parole, finzioni di ascolto e/o di risposte date a caso senza alcun interesse al fatto che l’altro, mai sempre lo stesso, avesse non dico capito, ma almeno percepito qualcosa di quello che era uscito dalle labbra dell’altro di turno. Invasati!. Li ho visti fatti, drogati, non saprei dire da o di cosa, ma comunque completamente persi in una realtà assurdamente aliena all’oggi, alle situazioni, alle vicende che una dopo l’altra, una più brutta dell’altra si susseguono secondo per secondo ad ogni ora, ogni giorno, ogni mese, da sempre e chi sa per quanto si susseguono al di fuori della porta insonorizzata di quel ritrovo. Spalle scosse, bocche aperte in un sussurro inutile o in grida altrettanto inutili, ognuno per sé e nessuno per nessuno degli altri. Incuranti!; desolatamente e perfidamente incuranti ad altro se non al loro stesso altrettanto inutile dimenarsi. Un ennesimo rullio di tamburi e, poi, d’un tratto, la musica è finita, le luci della sala si sono accese e quelli che mi erano sembrati dei giovani un po’ più cresciuti si sono rivelati essere, in realtà, donne ed uomini dall’infante, al giovane, al maturo, all’anziano, al vecchio, al vecchissimo; come in incubo, perché tale si è rivelato essere, si sono girati tutti verso di me come a volermi gridare : “ DAGLI ALL’UNTORE!”. Giuro, mi sono svegliato in un bagno di sudore e quella che era una discoteca è diventata il mio divano, la mia casa, il mio oggi. Eppure era ancora tutto li, erano ancora tutti presenti: Il Dj era Obama, il batterista era Putin, alla chitarra Assad, ai fiati ed agli altri strumenti i capi di stato di altre nazioni; gli italiani alla reception a proteggere i cappotti. I ballerini?, i ballerini avevano la faccia di tutti quelli che morranno quando gli stronzi dell’orchestra decideranno che è ora di cambiare musica. Quand’è che gli anni pesano di più?; quand’è che ci si sente improvvisamente soli e sembra non ci siano ragioni apparenti?; quand’è che il peso delle proprie spalle è tale da sembrare essersi centuplicato in una zavorra asfissiante e mortifera? “Mai!” mi piacerebbe rispondere, perché è così che dovrebbe essere. Diceva qualcuno, tra i miei tanti antenati, che il Padreterno non carica mai più di quanto a ciascuno è dato di portare, ma di questi tempi tale massima sembra una cosa detta tanto per dire, un calembour senza senso ed il tutto affermato per evitare di esprimersi nel senso di una bilancia a calcolare pesi, forse rotta o addirittura lasciata nelle mani di chi, sadicamente, si diverte al sovraccarico. Ecco, in quel momento, la testa tra le mani, il cuore a battermi impazzito, i piedi scalzi sul pavimento, seduto sul letto sul quale mi ero adagiato mentre mi spingevo in avanti a poggiarmi sulle cosce, io mi sono sentito vecchio, solo ed inutile e questo mi è pesato, mi pesa tutt’ora tantissimo. Domani me ne andrà a mare, sulla spiaggia, in un posto dove, possibilmente, non ci sia altro che mare cielo e sabbia e NESSUNO: ho bisogno di un po’ di compagnia!.