…. World trade center … - di Francesco Briganti

03.10.2015 09:48

Le torri gemelle. Due aerei lanciati in corsa verso l’inferno. Tremila martiri. Una città, un popolo, una nazione, un consesso civile (!?) colpito nell’orgoglio e mortificato. Una ragione per la sofferenza, soggettiva ed oggettiva, per il cordoglio, per l’afflato fraterno, per la vendetta assassina, per la rivalsa antistorica, per una riflessione!.

Il conflitto israelo-palestinese, che vede le ragioni degli uni opporsi alle ragioni degli altri, ha come tema basale la negazione di una esistenza. I palestinesi rivendicano la crociata del loro essere "stato padrone" di una terra contesa nel mentre stesso che gli israeliani ne rivendicano l’antica e biblica conquista rappresentando al mondo, la stupidità fattasi uomo e figlia della intolleranza reciproca e dell’assurda negazione di un dato di fatto: l’essere di donne uomini vecchi e bambini che si negano un futuro in nome di un’acqua passata inabile a qualsiasi produzione di farina, con la conseguente gestione di uccisi a migliaia, provocati e subiti, da chi farebbe meglio a guardare a quel passato evitando di riproporsi nella veste del carnefice.

Due delle tante occasioni al mondo in cui il ricordarsi di essere “ umani” avrebbe potuto cambiare la storia del mondo.

In tutti gli scenari di guerra ipotetici che negli arsenali militari vengono prospettati, quasi fossero dei war games di cinematografica memoria, le tensioni religiose e civili, sono protagoniste al primo posto; così come, e geograficamente parlando, lo sono aree mondiali come il medio oriente o l’Asia centrale. Siccome alla teoria del suicidio di massa, l’uomo preferisce non far mancare nessuna possibilità, ad esse, cause e luoghi, si aggiungono quelle tensioni, più di principi che effettive, le quali si sviluppano in posti di confine quali quello ucraino russo, indiano pakistano o tra le due Coree.

Scintille pericolose con pochi a far da pompieri e moltissimi, interessati per varia causa, a giocarsi il ruolo dei piromani di turno.

Come si svilupperà la diatriba russo americana circa gli interventi militari in Siria è, al momento, solo un esercizio letterario. Scrivevo tempo fa che una delle poche soluzioni possibili alla crisi economica mondiale era, così come poi successe dopo il 1929, lo scoppio di una guerra senza confini. E’ facile immaginare, infatti, quanto frutterebbe come rinascita e guadagni, in armamenti prima ed in ricostruzione dopo, una siffatta ipotesi se divenisse triste realtà. La cronaca dimentica molto in fretta i cadaveri nelle strade, non senza averne prima sfruttato a dovere e cinicamente il dolore indotto, la scenografia macabra e sanguinolenta, la distruzione rovinosa dei consessi sociali, l’effimera vanagloria dei vincitori e la perfida umiliazione dei vinti. La storia, invece, per quanto ricordi con analisi e dietrologie una esatta e specifica, quantitativa e qualitativa, disamina degli eventi non riesce mai ad imporsi come "magister vitae" tale da impedire il ripetersi di tragedie risapute e stanche.

Pensate, infatti, a quale sarebbe stato il futuro di noi tutti se nel dopo del congresso di Yalta non si fosse imposta la nascita di uno stato israeliano, ma si fosse cercata, incentivata, coltivata ed insegnata una progressiva integrazione, in quella terra sfortunata, tra arabi ed israeliani; chiedendo ai primi la saggezza di una accoglienza ed ai secondi la capacità, tutta figlia di un patimento e di una umiliazione da genocidio, di sentirsi non titolari di un diritto divino, ma profughi in cerca di una nuova patria e quindi con la voglia di riconoscere ed essere riconosciuti.

E pensate, anche, a quanto diverso sarebbe il nostro oggi se all’indomani dell’undici settembre 2011 avesse prevalso quel sentimento di razionale, giusto, sacrosanto pentimento verso una politica spacciata per esportatrice di democrazia e civiltà ed invece imperialista e conquistatrice, piuttosto che quello della vedetta orgogliosa, dichiarata tale e premeditata o non che fosse, funzionale agli interessi dei soliti noti ad arricchire il proprio portafogli. Sarebbe bastato che gli americani avessero compreso il vero senso del dolore provato sulla propria pelle, e non più per interposta persona, per avere oggi, una situazione del tutto differente a cominciare proprio da quei luoghi in cui vecchi alleati, usati, strumentalizzati ed abbandonati al loro destino, adesso si presentano come acerrimi ed odiosi ed odiati nemici.

La prossima guerra, se e quando dovesse esserci, se e quando non fosse l’ennesimo eccidio mondiale, se e quando riuscisse a sopravvivere a sé stessa ed a ricostruire una parvenza di società civile, il rischio di una degenerazione nucleare è molto più di una ipotesi, sarà la NEMESI di migliaia d’anni di storia, mai più da definirsi evoluzione. Sarà …

la fatale punitrice della tirannide e dell'egocentrismo umano!.